Non esiste cultura al mondo che non conosca le fate. Da un capo all’altro del pianeta, il “piccolo popolo” ha sempre affascinato e inquietato, tramandato da leggende, racconti e canti popolari.
In Sardegna, però, queste creature assumono un’identità tutta particolare: sono le Janas (o Gianas), figure misteriose e ambigue che abitano da secoli l’immaginario isolano.
Tra fate luminose, maghe solitarie e vampiri crudeli, le Janas rappresentano una delle manifestazioni più complesse e affascinanti del folklore sardo.
Chi sono le Janas?
Le Janas sono generalmente descritte come piccole fate, belle e delicate, capaci di volare e dotate di poteri magici. In alcune aree dell’isola, però, assumono l’aspetto di donne di statura normale, spesso vestite con abiti rossi eleganti, un fazzoletto a fiori portato in onore di Santa Zita, e preziose collane d’oro.
A seconda della leggenda, il loro aspetto varia: da esseri eterei e benevoli a streghe, maghe o addirittura vampiri. Si dice infatti che la loro forma cambi in base al comportamento degli esseri umani: apparivano come fate a chi era onesto, ma si trasformavano in mostri spaventosi se venivano tradite o ingannate.
Le dimore delle Janas: le Domus de Janas
Secondo la tradizione, le Janas abitavano nelle Domus de Janas (in sardo: “case delle fate”), antiche sepolture prenuragiche scavate nella roccia, risalenti a oltre 5.000 anni fa. Queste strutture archeologiche, ancora oggi visibili in molte zone dell’isola, erano viste come porte verso altri mondi, forse addirittura verso l’aldilà.
Si dice che le Janas le avessero scavate da sé, con le unghie forti e lunghe, e che vi vivessero nascoste dalla luce del sole, poiché la loro pelle delicatissima non sopportava nemmeno un raggio di sole: sarebbero morte bruciate.
In alcune leggende, le Janas abitano invece in cima ai nuraghi o tra le colline, uscendo solo di notte per danzare, filare o cercare il lievito per il pane.
Voci nella foresta
Molti racconti popolari parlano di voci misteriose, udite nelle notti buie tra le foreste sarde. Viandanti di ritorno dal lavoro, da una festa o da un incontro amoroso raccontavano di aver sentito richiami irresistibili provenire dalle colline. Chi si avventurava alla loro ricerca, spesso non tornava più.
Quelle voci erano delle Janas, che chiamavano per tre volte la persona prescelta per mostrargli i loro inestimabili tesori. Se la vittima si dimostrava onesta, veniva ricompensata con oggetti d’oro o protezione magica. Ma se tentava di rubare o ingannare, tutto ciò che toccava si trasformava in carbone o cenere.
Le attività delle Janas
Durante il giorno, le Janas restavano nascoste nelle loro dimore, trascorrendo il tempo a:
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Filare il lino e tessere su telai d’oro
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Cucire con fili d’oro e d’argento
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Stendere i panni nei prati alla luce della luna
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Pregare nelle chiese del villaggio
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Chiedere lievito per il pane, poiché si diceva che “il lievito che vede la luna non fa lievitare”
Janas buone e Mala Janas
La Sardegna è vasta e variegata, e con essa anche le leggende. In alcuni paesi come Tonara, Isili o Tempio Pausania, si racconta di Mala Janas, fate malvagie, tentatrici o spiriti dispettosi, spesso associate al sangue e alla morte. In queste versioni, le Janas adescano gli uomini per poi prosciugarli, in un chiaro parallelismo con i vampiri del folklore europeo.
Altrove, invece, sono viste come protettive e generose, soprattutto con i bambini, i poveri e i puri di cuore. A loro donavano talismani, fortuna e conoscenza.
Etimologia e Parentele mitiche
L’etimologia del nome “Jana” è incerta e affascinante. Potrebbe derivare da:
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Janus, il dio romano delle soglie e dei passaggi
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Diana, la dea della Luna e delle selve, da cui deriverebbe anche il nome Virghines
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O ancora dalle janare della Campania, streghe simili per aspetto e poteri, che tramano nell’oscurità con finalità ambigue
Questo legame con divinità antiche, il passaggio tra i mondi, e il mistero femminile sottolinea il ruolo mitico delle Janas come guardiane del confine tra umano e soprannaturale.
Creature dell’anima sarda
Le Janas non sono solo un ricordo del passato, ma un simbolo vivente dell’anima sarda: selvaggia, misteriosa, antica. Creature al tempo stesso affascinanti e temibili, incarnano i dualismi più profondi della cultura tradizionale: luce e ombra, dono e punizione, bellezza e inganno.
Ancora oggi, nelle notti silenziose tra le colline sarde, qualcuno dice di udire una voce lontana chiamare tre volte...